Fame e sfollamento nel XXI secolo

Per la maggior parte di noi l’accesso al cibo e alla nutrizione è un’azione semplice e molti, nel mondo “sviluppato”, sono spesso più concentrati a limitare che ad aumentare l’apporto calorico. Al contrario, per centinaia di migliaia di persone che vivono in una situazione di crisi umanitaria la questione dell’alimentazione è molto diversa.

Alcune ricerche rivelano che a livello globale produciamo cibo sufficiente per oltre 10 miliardi di persone. Purtroppo, però, l’adeguato livello di produzione non ha posto fine alle carestie e, nel 2019, si è stimato che una persona su nove è malfamata. Conseguenze della guerra, dei cambiamenti climatici, degli sfollamenti e delle instabilità che vanno ben oltre l’immediato pericolo di vita causato dalle azioni militari o dalle pericolose traversate in mare. Per coloro i quali riescono a sfuggire dalle  principali minacce, si apre una questione secondaria: la lotta per le risorse. Troppo spesso il fabbisogno quotidiano minimo di cibo e acqua non viene soddisfatto, gli agricoltori non riescono lavorare in sicurezza la loro terra, le crisi ambientali minacciano l’agricoltura e le interruzioni di centrali infrastrutture impediscono il reperimento del cibo nelle città. Quando questi problemi diventano incontrollabili l’insicurezza alimentare può diventare un problema serio e può persino trasformarsi in carestia.

 

Come definiamo l’insicurezza alimentare e la carestia?

Il dizionario Oxford Lexico definisce l’insicurezza alimentare come “una condizione di scarso accesso a una quantità sufficiente di cibo nutriente”. La carestia, invece, viene definita nel dizionario Cambridge come  “una  situazione in cui non c’è abbastanza cibo per un gran numero di persone, causando malattie e morte per un determinato periodo di tempo”.

Comprendere la differenza e i fattori di rischio che possono condurre dall’uno all’altro è fondamentale per la risposta da fornire davanti a tali carenze alimentari. Secondo il Norwegian Refugee Council è necessario soddisfare una serie di elementi misurabili per applicare la classificazione di “carestia”, come un tasso di malnutrizione del 40% o più del 20% delle famiglie che soffrono di grave carenza di cibo.

Il persistere delle crisi trasforma le necessità di base in una lotta e, come dimostrato da una ricerca che dimostra  l’incremento della durata di queste crisi, con circa l’80% che durano più di 10 anni, è più importante che mai affrontare la questione globale della sicurezza alimentare.

 

Sfollamenti e insicurezza alimentare

  1. Libia

Prima della primavera araba del 2011, gran parte delle risorse alimentari libiche proveniva dalle importazioni, a causa degli effetti del clima caldo e secco sulle produzioni agricole locali. Oggi, dopo quasi un decennio di guerra civile, la situazione alimentare della Libia è a rischio. Il WFP cita lo sfollamento prolungato e la diminuzione della produzione alimentare, oltre alla perturbazione dei mercati locali e delle catene di approvvigionamento a causa della violenza in corso, come i principali problemi nel mantenimento della sicurezza alimentare nella regione. Circa il 60% della popolazione sfollata interna si trova in uno stato di insicurezza alimentare. Per ulteriori informazioni è possibile leggere il nostro  blog.

  1. Ciad

Il Ciad, nella regione del Sahel, è stato circondato dalla guerra. I Paesi vicini, Nigeria, Sudan e Repubblica Centrafricana, sono stati attraversati da conflitti che hanno generato un significativo flusso di rifugiati nel Paese. Nel 2019, il Concern Worldwide ha stimato che 3,7 milioni di abitanti del Ciad si trovano in uno stato di insicurezza alimentare.

  1. Venezuela

Questo Paese sudamericano, diventato oggetto delle cronache globali nel corso dell’anno appena terminato, a causa dell’instabilità politica ha assistito a spostamenti di massa al confine con la vicina Colombia. Un’ampie parte della popolazione si è spostata all’interno del Paese stesso. Alcune ricerche indicano come sia possibile considerare l’intera popolazione in uno stato di insicurezza alimentare. Con la crisi politica ancora irrisolta, e il problema continuo dell’iperinflazione, gli analisti chiedono il riconoscimento della situazione come “crisi prolungata dei rifugiati”, nella speranza che ciò possa rafforzare e dirigere gli sforzi per trovare soluzioni a lungo termine.

  1. Yemen

Nessuno di noi può non essere a conoscenza delle immagini dei bambini dello Yemen che soffrono di grave malnutrizione dopo quattro anni di conflitto. Già tra i 10 paesi più poveri del mondo, e il meno sviluppato nel mondo arabo secondo la classifica HDI, secondo gli avvertimenti delle Nazioni Unite,  lo Yemen rischia di  diventare il Paese con la “peggiore carestia di cui abbiamo memoria”.   Secondo l’UNICEF 12 milioni di bambini yemeniti necessitano di assistenza umanitaria.

 

MOAS – Le nostre risposte

In Yemen, durante l’anno appena terminato, MOAS ha risposto fornendo 50 tonnellate di aiuti nutrizionali, in collaborazione con ADRA ed  Edesia. Il cibo fornito è stato composto da bustine ad alto contenuto calorico per aiutare a prevenire la malnutrizione nei bambini, a fornire vitamine e a consentire ai genitori di sostenere la riabilitazione nelle proprie case.

Nel 2020 MOAS spera di continuare il proprio impegno per la sicurezza alimentare nelle popolazioni colpite dalla crisi.

 

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