L’erosione dello spazio umanitario

Negli ultimi decenni si è registrato un significativo aumento del numero di persone vittime di crisi umanitarie causate da conflitti armati, instabilità politica e rischi naturali. Nel 2020 si stima che 168 milioni di persone necessitino di forme di assistenza umanitaria nel mondo. Per far fronte a tali urgenze, è essenziale il mantenimento di uno spazio umanitario che consenta il dispiegamento di operatori, rifornimenti e servizi. Tuttavia, poiché il numero di persone colpite da crisi e disastri nel mondo raggiunge livelli allarmanti, tale spazio umanitario si sta contraendo, con la relativa violazione delle leggi e dei principi che lo tutelano.

Che cos’è lo spazio umanitario?

Nelle occasioni in cui è necessario l’intervento di attori umanitari, è richiesto un ambito operativo che aderisca ai principi umanitari e al diritto internazionale per facilitare il loro intervento. Questo ambito è conosciuto come “spazio umanitario”. È definito come l’ambiente operativo sociale, politico e securitario che permette l’accesso senza ostacoli alla protezione e a servizi di assistenza, all’interno del quale le agenzie possano lavorare in linea con i principi di neutralità e imparzialità. L’istituzione di questo spazio consente alle organizzazioni umanitarie l’accesso alle persone colpite e la fornitura di aiuti. Tuttavia, se gli spazi umanitari non vengono implementati o mantenuti, le operazioni sono messe a rischio, e la sicurezza di operatori umanitari e beneficiari è minacciata.

Contrazione dello spazio umanitario

Gli operatori del settore sono concordi nell’affermare che il loro spazio operativo si stia riducendo. Ciò è dovuto a fattori quali l’erosione del rispetto del diritto umanitario internazionale, operazioni di soccorso ostacolate da impedimenti di natura legale e amministrativa e atti di violenza nei confronti degli operatori umanitari. Questi problemi stanno creando un ambiente operativo sempre più ostile, con gravi conseguenze. Dall’attacco del 2003 alle Nazioni Unite a Baghdad, quando furono uccisi 22 operatori umanitari, gli atti di violenza si sono moltiplicati, causando ulteriori 1800 vittime.

La riduzione dello spazio umanitario ha pesanti ripercussioni anche sui beneficiari, poiché trasforma le vittime di crisi in “doppie vittime”.

Non è un fenomeno nuovo, tuttavia molti operatori cominciano a sentirsi “sotto assedio”: le agenzie e le organizzazioni umanitarie si stanno trasformando sempre in bersagli nelle zone di conflitto. Il 2019 è stato infatti l’anno più pericoloso mai registrato per gli operatori, con 484 di essi rimasti vittime di attacchi, rapimenti o uccisioni. Inoltre, l’accesso alle missioni umanitarie viene costantemente ostacolato, mentre le organizzazioni che portano aiuti stanno diventando l’oggetto di campagne diffamatorie sui social media, e i grandi donatori avanzano “richieste irrealistiche” circa i programmi che finanziano. Il 2020 ha causato ulteriori difficoltà, in quanto le numerose restrizioni imposte per fermare la diffusione del COVID-19 stanno aggravando i problemi esistenti, con la sospensione parziale o completa di missioni di soccorso cruciali.

Le sfide per lo spazio umanitario in Yemen

In Yemen lo spazio umanitario è definito in “rapido deterioramento”, vista l’escalation di violenza che impedisce agli operatori umanitari l’accesso a diverse aree del Paese. Di recente MOAS ha intervistato Mohammed Bahashwan, che lavora con il nostro partner locale, ADRA Yemen, il quale ha parlato delle difficoltà nel Paese:

“Le ONG non sono sempre in grado di rispondere ai bisogni umanitari per via delle crescenti restrizioni dello spazio operativo umanitario. Stiamo affrontando sfide nell’accesso a molte aree nel conflitto e nell’identificazione neutrale dei beneficiari. È davvero complicato fare valutazioni imparziali in molte aree del Paese. Tutto questo diventa una grande sfida per la distribuzione di cibo.”

La conseguenza più grave di tali restrizioni è la drastica diminuzione nella distribuzione di aiuti.  Human Rights Watch in un recente report ha sollevato significative preoccupazioni in merito alle interferenze delle fazioni in guerra nelle operazioni di soccorso; diversi fattori stanno  pesantemente ostacolando le missioni umanitarie nel Paese, tra cui ritardi nelle approvazioni, violenza nei confronti di membri dello staff e interferenze nella valutazione dei bisogni. Tali impedimenti mettono ancora più a rischio i milioni di persone dipendenti da assistenza umanitaria e scoraggiano i donatori dal garantire fondi per finanziare programmi di aiuti cruciali.

Ostruzionismo verso le missioni SAR in Europa

In Europa la contrazione dello spazio umanitario riguarda principalmente le organizzazioni non governative di SAR che operano nel Mediterraneo. Negli ultimi anni le ONG che effettuano operazioni di Search and Rescue nella regione sono state costantemente attaccate e le loro operazioni sono state bloccate. Autorità statali, pubblici ministeri e singoli politici hanno spesso sottoposto le ONG a campagne diffamatorie di delegittimazione, imponendo anche restrizioni legali alle missioni. Ciò è stato messo in atto in vari modi: tentativi di incriminare i membri dell’equipaggio, negare lo sbarco delle persone soccorse, e il sequestro di imbarcazioni usate a fini SAR. Tutto ciò ha causato la sospensione delle operazioni di molte ONG, con fatali conseguenze per le persone migranti che compiono la traversata dalla Libia all’Europa.

Considerazioni finali

Gli operatori umanitari svolgono un lavoro essenziale per portare aiuti nelle zone colpite da conflitti, disastri naturali e in tutte le aree di crisi nel mondo. I tentativi di ostacolare le loro attività stanno avendo pesanti ripercussioni per il mantenimento di uno spazio umanitario funzionale, e mettono a rischio la vita degli stessi operatori e delle persone assistite. MOAS è solidale con gli operatori umanitari che lavorano in condizioni sempre più ostili e ribadisce l’urgenza di un maggiore rispetto dei principi del diritto umanitario internazionale.

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