UNO SGUARDO SULLA QUESTIONE DELLA MIGRAZIONE CLIMATICA

Nel 2019 i cambiamenti climatici hanno dominato i titoli della stampa internazionale. Dalla devastante distruzione provocata dagli incendi in Amazzonia e in Austral ia all’impegno e ai discorsi appassionati dell’attivista Greta Thunberg, quella del cambiamento climatico è certamente diventata un’urgente questione pubblica.

Tuttavia, nonostante nel corso dell’anno i disastri climatici siano stati frequentemente trattati sui nostri schermi televisivi, ben poco è stato fatto nell’adozione di strategie concrete e sostenibili contro questa crisi globale. La mancanza di azioni immediate per contrastare il cambiamento climatico è chiara dimostrazione del fallimento dei leader mondiali.

Per questo motivo la conseguente questione della migrazione climatica deve essere posta al centro dell’attenzione internazionale e affrontata con serietà poiché è un fenomeno già esistente e richiede l’immediata attenzione della comunità internazionale affinché possano essere fornite adeguate soluzioni per le comunità colpite.

Si   prevede che entro dieci anni decine di milioni di persone saranno sfollate a causa dei cambiamenti climatici, il che probabilmente   aggraverà ulteriormente la crisi migratoria nel Mediterraneo – il confine più pericoloso del mondo. In seguito alla sentenza del Comitato delle Nazioni Unite per i diritti umani, che ha dichiarato che ai migranti climatici spetta legittimamente la protezione internazionale, Filippo Grandi, Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), ha inoltre ribadito la necessità di una migliore preparazione nel trattare le persone che sono state e che continueranno ad essere sfollate a causa dei cambiamenti climatici.

“Se ci si trova davanti a una minaccia immediata per la propria vita a causa del cambiamento climatico o a causa di un’emergenza climatica, attraversando il confine e andando in un altro Paese non si dovrebbe   essere rimandati indietro, perché si metterebbe a rischio la propria vita, come in una guerra o in una situazione di persecuzione”.

La sentenza può essere un piccolo segno di progresso, ma è fondamentale diffondere con urgenza una certa sensibilità sul cambiamento climatico e il suo impatto sulle migrazioni nel mondo. È anche una spinta per ottenere una protezione internazionale per i migranti climatici, esercitando pressione sui poteri globali e sui loro obblighi nel sostenere coloro i quali si trovano in una situazione particolarmente vulnerabile, soprattutto a causa della mancanza del riconoscimento del cambiamento climatico come causa della migrazione.

In passato non è stato raggiunto un consenso sulla legittimità della migrazione climatica e sul modo in cui i fattori ambientali possono essere alla base di tale fenomeno. Quantificare con precisione l’impatto del cambiamento climatico sui singoli mezzi di sussistenza non è sempre semplice, ma la realtà mostra come il cambiamento climatico stia costringendo le persone ad abbandonare le proprie case.

Il cambiamento climatico, spesso unito a ulteriori fattori di spinta, contribuisce alla complessità del fenomeno rendendo evidente il disperato bisogno di un quadro giuridico adeguato a proteggere i migranti climatici che attualmente, non essendo legittimamente riconosciuti, sono costretti a far riferimento esclusivamente alle norme del diritto internazionale.

La mancanza di un quadro giuridico specifico e del riconoscimento della categoria dei migranti climatici nella definizione di rifugiato produce una vera e propria lacuna nella protezione internazionale. Pertanto, sebbene alcuni esperti siano poco ottimisti in merito alla possibilità di creazione di un tale quadro, è essenziale non perdere la speranza e continuare a impegnarsi in maniera solidale con coloro che sono stati costretti a scappare dalle loro case affinché possa essere raggiunto il riconoscimento della migrazione climatica.

Innanzitutto è necessario che venga riconosciuta dai leader del mondo. Poi occorrerà creare politiche efficaci che affrontino la questione della migrazione climatica. Tuttavia, se ancora oggi non siamo in grado di mostrare sostegno ed empatia per le vie sicure e legali come ci possiamo affrontare questa crisi migratoria ancora più grande che potrebbe esplodere nel prossimo decennio?

Fingere di non vedere la realtà della migrazione climatica non potrà che peggiorare la situazione perché il futuro spostamento di milioni di persone potrebbe avere ripercussioni catastrofiche dal punto di vista sociale, politiche ed economico.

I cambiamenti climatici e le conseguenti migrazioni avranno un impatto sproporzionato sulle comunità più povere del mondo. Il Bangladesh, ad esempio, sarà particolarmente vulnerabile alle conseguenze devastanti del cambiamento climatico poiché già adesso sperimenta cicloni, inondazioni e altre catastrofi naturali che, con l’arrivo di oltre un milione di rifugiati Rohingya e con le scarse infrastrutture, non possono essere sottovalutate.

Nessun Paese è esente dagli effetti del cambiamento climatico ed è quindi essenziale unirsi per rispondere efficacemente alla migrazione climatica per il bene delle generazioni presenti e future.

Se sei interessato alle attività condotte da MOAS e a quelle dei nostri partner seguici sui social media, iscriviti alla nostra newsletter e condividi i nostri contenuti. Puoi contattarci in qualsiasi momento scrivendo a [email protected]. Se desideri supportare le nostre operazioni dona su www.moas.eu/donate

LA NESWLETTER DI MOAS

Ricevi gli aggiornamenti di MAOS direttamente nella tua casella email