Un messaggio d’amore dalla nostra direttrice

Buon San Valentino!

Un anno fa il mio messaggio di San Valentino arrivava dal Bangladesh, dove le MOAS Aid Station portavano cure mediche e assistenza umanitaria alle centinaia di migliaia di Rohingya fuggiti dal Myanmar nell’esodo senza precedenti dell’agosto 2017. All’interno di un rifugio di fortuna, osservavo il bambino nato da una coppia di giovani Rohingya che gentilmente mi accoglievano come una parente o una amica in visita e riflettevo sul senso di una festività che ci ricorda l’Amore, ma che troppo spesso è ridotta a regali e consumi.

Come il Natale e altre festività, spesso si perde il senso di ciò che si celebra e ci si concentra solo sulle cose materiali: cosa regalare, dove andare a cena, che meta turistica scegliere. Però poi si dimentica di amare veramente. Si dimentica di essere gentili, comprensivi e premurosi. Si coltivano sentimenti che nulla hanno a che fare con l’amore, considerandolo un fatto privato e quasi esclusivo. Ci lasciamo trasportare dalle cose materiali e trascuriamo il fatto che il vero Amore abbia radici solide, profonde e mature. Non è qualcosa di effimero, dettato dal momento, ma un sentimento coltivato con cura ogni giorno.

Per questo, anche quest’anno, voglio ribadire che l’Amore vero non è mai solo una questione privata, ma un sentimento che abbraccia il nostro mondo in senso ampio e che scorre da una dimensione all’altra. Dall’amore della nostra famiglia è nata MOAS, un’organizzazione umanitaria creata per rispondere alle inutili morti in mare legate alla migrazione forzata e alla mancanza di vie sicure e legali (#SafeAndLegalRoutes). Osservando le immagini dei naufragi e ascoltando l’invito ad agire di Papa Francesco, ci siamo chiesti cosa potesse fare una famiglia come la nostra per aiutare altre famiglie in pericolo. Al caldo, protetti dal focolare domestico, abbiamo cercato un modo per amplificare il sentimento che ci unisce, mettendolo a disposizione di una causa in cui crediamo.

Lo stesso bisnonno di mio marito, Francesco Catrambone, appena adolescente, lasciò la sua Calabria per inseguire un sogno di riscatto e arrivò negli Stati Uniti dopo un lungo viaggio in nave. Oggi, in Europa, sarebbe stato classificato come minore non accompagnato e per alcuni anni, fino al raggiungimento della maggiore età, avrebbe goduto di qualche protezione. Poi sarebbe entrato in un limbo incomprensibile di incertezze e frustrazioni, come migliaia di ragazzi e ragazze giunti in Europa a bordo di imbarcazioni insicure spinti dalla disperazione e dopo essere sopravvissuti a indicibili orrori. Quando abbiamo preso il largo la prima volta nel 2014, pensavamo alle tante persone che erano annegate in silenzio e al modo di evitare che altri subissero la stessa sorte. Avevamo in mente anche le migliaia di genitori che affrontano viaggi impossibili solo per portare la propria famiglia al riparo dalla brutalità, da violenze, persecuzioni e povertà estrema, così come le tante famiglie desiderose di aiutare chi si trova in pericolo.

Rispondendo ad una esigenza elementare come il bisogno di tutelare la vita umana, abbiamo cercato di mettere a frutto e moltiplicare il nostro amore familiare, rendendolo àncora di salvezza per chi è in difficoltà. Allo stesso modo, non abbiamo esitato a raccogliere un altro appello di Papa Francesco a non dimenticare la sofferenza dei fratelli e sorelle Rohingya, vittime di pulizia etnica in Myanmar.

Dopo il suo richiamo all’azione, abbiamo iniziato una nuova missione in sud-est asiatico per aiutare bengalesi e Rohingya, fornendo adeguate cure mediche e conforto emotivo. Adesso, invece, siamo prossimi all’avvio di una nuova missione per mantenere viva la speranza di una comunità devastata dalla guerra civile: lo Yemen langue nell’indifferenza mondiale e milioni di persone rischiano di morire di fame o malattie facilmente prevenibili o curabili, che però diventano mortali a causa degli spietati signori della guerra.

A prescindere da dove MOAS operi, il nostro cuore è presente ovunque abbiamo portato aiuto – dal Mediterraneo fino all’Egeo e al Bangladesh – e continueremo a chiederci come potremo assistere chi cerca un futuro di pace. Per questo motivo, i nostri pensieri sono con qualsiasi vittima delle attuali crisi umanitarie che si moltiplicano a livello mondiale. Un pensiero particolare lo rivolgiamo alla minoranza apolide Rohingya, vittima di una nuova ondata di atrocità in Myanmar, e alle oltre 100 persone recentemente recuperate in mare dalla Guardia Costiera Libica e riportate in un Paese che non può essere considerato porto sicuro.

Nel giorno di San Valentino, faccio appello a tutti i cuori innamorati affinché la forza dell’Amore alimenti la speranza e si torni ad agire spinti da sentimenti di solidarietà e fratellanza, sulla base di un amore universale che ci unisce tutti come membri della grande famiglia umana. Auguriamo a ciascuna vittima di ingiuste sofferenze di coltivare la speranza, nonostante tutto.

 

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