UN AGGIORNAMENTO SULLA SITUAZIONE DEI ROHINGYA IN BANGLADESH

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La Giornata Mondiale dei Diritti Umani è una ricorrenza importante per MOAS, poiché l’obiettivo primario delle nostre operazioni è quello di ridurre le sofferenze causate dalle violazioni dei diritti umani, dalle discriminazioni e dalle disuguaglianze, che condanniamo. Il 10 dicembre è il giorno in cui l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato, nel 1948, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, il documento fondamentale che sancisce i diritti inalienabili di tutte le persone, in quanto esseri umani.

Oltre a questa Giornata, il giorno prima, il 9 dicembre, ricorre la Giornata Internazionale per la Commemorazione e la dignità delle vittime di genocidio, e della prevenzione di questo crimine, un evento strettamente legato alle violazioni dei diritti umani che commemora coloro che sono bersaglio di violenza solamente a causa della loro identità.

Quando si parla di genocidio, il caso dei Rohingya è un grave esempio di questo crimine contro l’umanità. Infatti, lo Stato del Myanmar è accusato da buona parte della comunità internazionale (agenzie ONU, Tribunale Penale Internazionale, gruppi di difesa dei diritti umani, giornalisti e governi) di aver attuato azioni di pulizia etnica ai danni della minoranza dei Rohingya musulmani residenti nel Paese.

Dal 2017 MOAS assiste i rifugiati Rohingya fuggiti in Bangladesh – in seguito all’esodo di massa dovuto al deterioramento della situazione in Myanmar – dove nell’agosto 2017 sono state intensificate le azioni persecutorie già in atto da anni. I villaggi Rohingya sono stati bruciati e truppe governative hanno lanciato attacchi causando migliaia di vittime civili.

Gli abusi dei diritti umani verso i Rohingya

In seguito a ciò, oltre 700.000 Rohingya hanno cercato riparo in Bangladesh e oggi sono circa 900.000 i rifugiati che vivono nei campi profughi di Kutupalong e Nayapara, nel distretto di Cox’s Bazar. Qui le persone versano in condizioni molto difficili a causa del sovraffollamento, della carenza di servizi igienici e necessitano di assistenza e protezione. Inoltre, il Covid19 continua a diffondersi nei campi complicando ulteriormente la situazione.

La questione del rimpatrio dei rifugiati resta un tema centrale, anche se lo Stato del Myanmar respinge le accuse di genocidio e ignora le richieste dei Rohingya di fare ritorno nel loro Paese. L’esempio più recente dell’ostilità nei loro confronti in Myanmar è stata l’esclusione dalle elezioni presidenziali, tenutesi l’8 novembre, che hanno sancito l’ennesima vittoria della leader Aung San Suu Kyi. Per via di “questioni legate alla sicurezza”, circa 1,5 milioni di elettori di minoranze etniche, inclusi i Rohingya, sono stati privati del diritto di voto, ricevendo pesanti critiche da parte di molte organizzazioni per la difesa dei diritti umani.

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Considerazioni finali

MOAS lavora in Bangladesh per assistere i rifugiati Rohingya e le comunità ospitanti ed alleviare le sofferenze derivanti, anche, dalla vulnerabilità delle aree in cui vivono, visti i seri problemi causati dai disastri naturali che colpiscono il Paese. Dal 2019 abbiamo avviato un corso per la sicurezza in acqua rivolto a volontari Rohingya e della comunità locale volto a fornire competenze utili per affrontare i disastri connessi alla stagione monsonica, come l’aumento degli episodi di annegamento nei campi.

Nel 2020 abbiamo avviato attività volte a ridurre la diffusione del Covid19, riconvertendo i nostri workshop in laboratori per la produzione di oltre 800.000 mascherine riutilizzabili che sono state distribuite alla popolazione. Questo progetto rappresenta anche un modo per offrire sostentamento alle comunità locali, in quanto tutti i sarti che lavorano al Progetto ricevono uno stipendio settimanale che consente loro di far fronte alle spese e garantisce la sopravvivenza in condizioni dignitose.

In Bangladesh, così come in tutte le altre aree in cui MOAS opera, il nostro obiettivo è di garantire il rispetto dei diritti umani a tutte le persone da noi assistite e di alleviare la sofferenza delle comunità più vulnerabili.

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