Salvare vite e proteggere i diritti umani: perché vie sicure e legali sono necessarie per i rifugiati

Dr. Jeff Crisp, Refugee Studies Centre

University of Oxford

 

Negli ultimi anni migliaia di rifugiati, inclusi numerosi bambini, sono annegati mentre cercavano di spostarsi da un Paese all’altro via mare. Altri hanno perso le loro vite attraversando deserti su furgoni affollati o viaggiando a piedi per impenetrabili foreste e catene montuose. Chi è abbastanza fortunato da sopravvivere al viaggio ha spesso vissuto esperienze terribili e traumatiche, quali stupri, torture, schiavitù, detenzione, estorsione e sfruttamento.

Perché, allora, i rifugiati corrono tali rischi? Le ragioni sono molte.

Innanzitutto, perché cercano disperatamente di fuggire da persecuzioni, conflitti armati o violenze politiche nelle loro terre d’origine, o perché i Paesi nei quali si sono inizialmente rifugiati sono altrettanto impreparati per offrire loro salvezza e sicurezza.

In secondo luogo, perché gli Stati in tutto il mondo hanno reso sempre più difficile ai rifugiati attraversare i confini internazionali in maniera regolare, ostacolando il loro movimento tramite strumenti come restrizioni sui visti o barriere ai confini, così come lo schieramento di forze armate, polizia e gruppi di vigilanti. Allo stesso tempo, alcuni dei Paesi più ricchi del mondo hanno stretto accordi con quelli più poveri, che ricevono fondi per ostacolare la partenza dei rifugiati, o per intercettarli e rimpatriarli se dovessero provare a spostarsi.

Terzo, perché i rifugiati che intraprendono questi viaggi pericolosi e difficili non sempre sono a conoscenza della reale entità degli orrori che li attendono quando cercano di raggiungere un altro Paese. In molti casi, inoltre, sono vittime dei trafficanti di esseri umani che forniscono loro false informazioni sui viaggi e offrono ingannevoli speranze sul futuro.

Non deve necessariamente andare così. Le vite di tanti rifugiati potrebbero essere salvate e i loro diritti umani potrebbero essere maggiormente rispettati se si facesse uno sforzo congiunto da parte di governi, ONG e società civile per fornire loro vie sicure e legali di l’asilo o “canali complementari”, per utilizzare il termine coniato dall’agenzia ONU per i rifugiati.

Queste vie e canali complementari possono assumere diverse forme.

I rifugiati particolarmente vulnerabili, o che si trovano in Paesi non sicuri per l’asilo dovrebbero avere la possibilità di spostarsi in altre zone tramite strumenti come i programmi di reinsediamento, promossi dai governi o dalle comunità e associazioni locali.

Parallelamente anche le iniziative di ricongiungimento familiare dovrebbero essere estese, permettendo ai rifugiati (specialmente i minori che non hanno un tutore adulto adeguato) di riunirsi con i parenti stretti che sono già arrivati in un altro Paese.

I rifugiati in possesso di competenze richieste altrove, dovrebbero poter beneficiare di canali migratori per lavoratori, mentre chi ha il potenziale per poter beneficiare di nuove opportunità di istruzione dovrebbe poter accedere a visti per studenti e borse di studio, sia all’interno che al di fuori del Paese di asilo.

I visti e i corridoi umanitari rappresentano altri strumenti grazie ai quali i rifugiati potrebbero viaggiare in maniera sicura e legale. Per quanto riguarda i primi, individui e famiglie dovrebbero avere l’opportunità di spiegare le ragioni per cui non possono più restare nel loro primo Paese di asilo, in modo da poter fornire loro i documenti di viaggio necessari per poter legalmente entrare in un altro Stato.

Per quanto riguarda i secondi, le organizzazioni religiose, le ONG e le Nazioni Unite dovrebbero svolgere il ruolo di intermediari, negoziando la ricollocazione di gruppi di rifugiati tra Paesi che non hanno le capacità e risorse per poter effettivamente sostenerli e quelli invece meglio preparati ad assumersi questa responsabilità.

Infine, in Paesi in cui i rifugiati vivono un imminente rischio di morte o corrono seri pericoli o sono vittime di esperienze particolarmente traumatiche, dovrebbero essere lanciate operazioni di evacuazione per permettere a queste persone di essere trasferite in luoghi sicuri mentre si prendono decisioni sul loro futuro a più lungo termine.

È importante sottolineare che tali canali sicuri e legali non rappresentano una panacea.

Una grande attenzione dovrebbe essere rivolta all’istituzione di procedure di selezione eque ed efficaci, così da assicurare che ai rifugiati venga offerto il percorso più appropriato per loro. Allo stesso tempo, è essenziale che i rifugiati siano informati in maniera esaustiva sul funzionamento di queste procedure, e che venga spiegato loro come mai solo alcuni possono avere l’opportunità di spostarsi in questo modo.

Saranno necessari sforzi considerevoli per informare ed educare il pubblico nei Paesi di destinazione circa lo scopo di queste vie sicure e legali e le situazioni dei rifugiati selezionati a potervi accedere. Sarà necessaria, inoltre, un’adeguata organizzazione per l’accoglienza iniziale e la gestione sul lungo periodo dei nuovi arrivi.

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Infine, in un momento in cui la pandemia di COVID-19 e’ ancora in atto, saranno richiesti sforzi rigorosi per tutelare la salute sia dei rifugiati che delle comunità ospitanti quando questi canali saranno istituiti. Ciò potrà implicare esami medici preliminari, certificazioni di salute o quarantena temporanea all’arrivo, così come l’apertura di strutture che permettano il distanziamento sociale.

Più in generale, occorre intraprendere tutte le azioni necessarie per far sì che i rifugiati, sia che vivano in campi, che concentrati in insediamenti urbani, o sparsi tra la comunità ospitante, siano integrati completamente negli sforzi globali, nazionali o locali di sconfiggere il coronavirus e possano ricevere un’assistenza adeguata.

Il fatto che i rifugiati in fuga da pericoli mortali nei loro Paesi siano costretti ad affrontare viaggi tanto difficili e pericolosi per raggiungere un luogo sicuro e’ una tragedia. L’istituzione di vie sicure e legali come quelle proposte potrebbe evitare tutto ciò.

Allo stesso tempo, questo approccio farebbe sì che la responsabilità verso i rifugiati possa essere maggiormente condivisa tra gli Stati, e fornirebbe alla comunità internazionale gli strumenti per poter dare priorità a chi è più a rischio.

Per sostenere la nostra campagna per le Vie Sicure e Legali firma la petizione: https://www.moas.eu/it/viesicureelegali/

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