Podcast – L’importanza di Vie Sicure e legali. Intervista a Lord Dubs

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Benvenuti nel podcast di MOAS. Oggi parliamo di #VieSicureeLegali con Lord Alf Dubs, uno dei bambini Cechi salvati dal regime nazista attraverso i Kindertransport e da allora attivista per i diritti dei rifugiati e dei richiedenti asilo. Nel corso della sua lunga carriera nel settore pubblico e nell’advocacy nel Regno Unito, la sua dedizione verso i temi della migrazione e la promozione di vie sicure e legali ha avuto eco nelle politiche governative e nelle campagne di advocacy del Paese. Lord Dubs continua a galvanizzare il sostegno ai richiedenti asilo, ai rifugiati e ai minori non accompagnati che sono attualmente trascurati dalla politica del governo. MOAS è assolutamente onorata di parlare con Lord Dubs di vie sicure e legali.

MOAS: Sono onorata di poter parlare con lei della sua esperienza e competenza in materia di migrazione e vie sicure e legali.  Lei è stato determinante nella campagna per il sostegno ai rifugiati e, naturalmente, nello sponsorizzare un emendamento alla legge sull’immigrazione del governo nel 2016 che ha permesso a 3000 bambini rifugiati non accompagnati di accedere al sostegno nel Regno Unito. Poiché il pendolo dell’opinione pubblica in termini di migrazione sembra spostarsi sempre di più verso destra, sarà un piacere poter parlare con lei riguardo a ciò che è necessario fare per difendere i diritti dei rifugiati e promuovere rotte migratorie sicure.

Potrebbe dare a MOAS e agli ascoltatori una breve panoramica della sua storia personale e, in particolare, della sua esperienza nel campo della migrazione?

Lord Dubs: Potrebbe volerci addirittura un’ora, ma la racconterò brevemente. Sono arrivato in Gran Bretagna con il Kindertransport da Praga nel luglio 1939, ciò significa che sono arrivato come bambino rifugiato non accompagnato. Mio padre era ebreo e mia madre no, quindi lui se ne andò quando i tedeschi occuparono Praga nel marzo 1939 mentre a mia madre fu negato il permesso di partire, ecco perché mi fece salire sul Kindertranport.
Prima di allora, l’occupazione tedesca implicava il mettere la fotografia di Hitler nei nostri libri di scuola e cosi via. Mia madre mi ha salutato alla stazione di Praga in cui c’erano soldati con la svastica e genitori in ansia perché non sapevano se avrebbero rivisto i loro figli; nel treno eravamo 150.
Ci sono voluti due giorni per arrivare nel Regno Unito e quando siamo giunti al confine olandese dopo 24 ore, i più grandi hanno applaudito perché eravamo fuori dalla portata dei nazisti e, per quanto mi riguarda, sapevo che era qualcosa di significativo, ma io non ho applaudito. Non capisco il perché, ero alla ricerca di mulini a vento e zoccoli di legno, esattamente tutto ciò che sapevo dell’Olanda. Ad ogni modo, siamo arrivati dall’Olanda a Liverpool Street. Io ero forse il più giovane sul treno, come ho detto avevo circa 6 anni, ma sono stato anche fortunato perché più della metà dei ragazzi sul treno non aveva una famiglia ad aspettarli in stazione, mentre mio padre era là, alla stazione di Liverpool Street. Questo è stato il mio viaggio verso il Regno Unito.

MOAS: Per quanto riguarda la sua esperienza effettiva nel campo della migrazione, come precedente amministratore delegato del Refugee Council, alla sua organizzazione è stato chiesto di facilitare il reinsediamento dei bosniaci perseguitati nei campi di concentramento serbi: questi progetti hanno provocato lo stesso tipo di tossicità e narrazioni xenofobe palpabili oggi? In caso contrario, quali pensa che siano i fattori che contribuiscono ad un tale cambiamento negli atteggiamenti dell’opinione pubblica odierna?

Lord Dubs: Penso che questa sia una domanda davvero molto interessante. Quando ero al Refugee Council, a noi e alla Croce Rossa è stato chiesto, con un preavviso ragionevolmente breve, di organizzare le strutture di accoglienza per diverse migliaia di bosniaci che erano stati nei campi di concentramento serbi. È stato un grande giorno quando sono arrivati all’aeroporto di Stanstead e metà dei media di tutto il mondo erano là ed io ho dovuto impedire loro di avere accesso facile ai bosniaci appena arrivati, ad accezione di coloro che era disponibili a parlare con i media: queste persone avevano vissuto esperienze terribili, alcuni di loro volevano parlarne per superare l’accaduto, mentre altri non avevano intenzione di farlo, non allora e forse mai. Comunque, non c’è stata nessuna opposizione a questo, nonostante fosse un programma governativo e ci dovessimo muovere molto in fretta: allora, nessuno poteva accusarmi di essere antigovernativo (io ero d’accordo col programma). C’è stata una certa resistenza locale perché alcune persone non pensavano che avrebbe funzionato nelle loro aree, dato che avevamo allestito strutture di accoglienza in varie parti del Paese, tuttavia credo che nel complesso abbia funzionato piuttosto bene. Una delle cose che abbiamo fatto a Newcastle, è stata un’idea del Refugee Council mentre ero lì, è stato organizzare un open day dove abbiamo accolto consiglieri locali, assistenti sociali, medici, insegnanti, polizia e tutta la comunità per incontrare i rifugiati: penso che sia stato utile perché significava includere tutti loro nel programma governativo.
Complessivamente, la posizione nazionale non era così ostile come lo divenne in seguito nei confronti di altri rifugiati. Credo, ma questa è la mia spiegazione, che sia dovuto ad alcune fotografie che mostravano le terribili condizioni dei campi di concentramento serbi raffiguranti persone emaciate, e penso che la gente abbia considerato ciò che questi rifugiati avevano affrontato e per questo abbia deciso di accoglierli. Ritengo che un secondo motivo sia stata la decisione del governo di stabilire un numero ben definito di persone da accogliere, ciò significava non trovarsi di fronte ad un impegno a tempo indeterminato.

MOAS: cosa pensa che si possa fare per combattere le narrazioni presenti nei media e, talvolta, nella politica del governo, che criminalizzano apertamente i richiedenti asilo e i rifugiati? In senso pratico, cosa possiamo fare noi, come ONG e come persone, per cercare di combattere queste narrazioni?

Lord Dubs: Bene, rispondo prendendo spunto da ciò che abbiamo fatto noi. Prima di tutto, ripeto sempre che, quando diciamo o facciamo qualcosa, dobbiamo tenere a mente che l’opinione pubblica è ciò che dobbiamo persuadere. Il motivo principale per cui la legislazione, l’emendamento, è stato approvato, è perché l’opinione pubblica ha iniziato a prestare attenzione. Una delle cose che ha aiutato, simile a ciò che ha aiutato con i bosniaci, sono state le immagini scioccanti di persone che annegavano nel Mediterraneo, è stata l’immagine del corpo di Alan Kurdi annegato riverso su una spiaggia. Un’altra cosa che penso dobbiamo sempre spiegare è da dove sono fuggite queste persone. Loro sono fuggiti dalla guerra, dalla persecuzione. Voglio dire, parlo sempre di un ragazzo siriano che ha detto di aver visto suo padre saltare in aria davanti a lui a causa di una bomba ad Aleppo, a Damasco. Penso che si debba raccontare da cosa stanno scappando e perché dovremmo essere umani nell’accoglierli. Non c’è niente di sbagliato nel dire di essere alla ricerca di una vita migliore, mai, ma se le persone dicono semplicemente che stanno cercando una vita migliore questo non li rende rifugiati ai sensi della Convenzione di Ginevra. Quello che dobbiamo spiegare al nostro pubblico è ciò che queste persone hanno passato, le loro esperienze e sofferenze, e come noi possiamo dar loro sicurezza, conforto, un senso di famiglia e cosi via. L’altra cosa a cui penso è quella di cercare a livello locale di organizzare eventi, che si tratti di sport o altro,  che li coinvolgano insieme alla gente e con i bambini del posto.
In conclusione, odio questa parola ormai normalizzata, ma penso che il problema principale sia che, a volte, le persone vedono i rifugiati quasi come un museo, invece si tratta di esseri umani che desiderano condurre una vita normale, come la maggior parte delle persone. Dobbiamo normalizzare la loro integrazione attraverso lo sport ed altre attività. Localmente, c’è un’organizzazione che allestisce una volta a settimana una giornata per i rifugiati in cui molti di loro distribuiscono cibo alla comunità, sono state organizzate lezioni di inglese ed altre attività. Questi sono eventi creati per aiutarli. Ma la cosa davvero fondamentale è normalizzare l’integrazione e fare in modo che le comunità locali siano accoglienti, specialmente a scuola. Quindi ci sono una serie di azioni che possono essere intraprese, soprattutto da parte delle comunità locali.

MOAS: Si, sicuramente. In questo momento stiamo cercando di concentrare la campagna #VieSicureELegali sull’educazione per far capire alle persone la differenza tra richiedente asilo e rifugiato. Penso che nei media e nella politica governativa si senta molto parlare di asilo, ed è importante tornare alla radice del motivo per cui le persone lasciano il loro paese di origine ed educare il pubblico a riguardo perché, come ha detto lei, è proprio ciò che ha bisogno di sapere.

Lord Dubs: D’altra parte, se posso collegarmi alla sua domanda precedente, quando sono arrivati i bosniaci, il governo voleva che venissero. Il governo aveva detto che lo avrebbe fatto succedere. Hanno chiesto aiuto a due organizzazioni e noi possiamo affermare di aver sempre ricevuto pieno sostegno da parte del governo. Oggi invece abbiamo l’opposizione del governo. E credo che questo sia vero per molti paesi europei: i ministri lanciano segnali negativi. E se ministri, leader di comunità, chiedono restrizioni e affermano che non vogliono rifugiati, questo manda un segnale di ostilità alle comunità locali nei loro confronti. Penso che il minimo che possiamo aspettarci sia che il governo, le persone importanti nei nostri paesi, diano effettivamente messaggi più positivi e non messaggi ostili.

MOAS: si, esattamente. E questo porta alla mia prossima domanda. L’emendamento Dubs, implementato nel 2016, è stata una componente estremamente vitale nel disegno di legge sull’integrazione. Mi chiedevo come l’emendamento sia stato implementato e il tipo di risposta ricevuta dal governo e dal pubblico, e come pensa che possa essere d’esempio per vie sicure e legali di migrazione da implementare nel futuro?

Lord Dubs: Questa è una domanda piuttosto complicata; senza entrare troppo nel dettaglio, ciò che è successo è stato apprendere che nel 2016, come dicevi tu, secondo Save the Children, in Europa c’erano 95.000 bambini rifugiati non accompagnati. Numero scioccante. Secondo l’Interpol, 10,000 di loro erano effettivamente scomparsi. Quando un bambino scompare in altri paesi, tutti lo cercano disperatamente. Qui abbiamo fatto sparire più di 10.000 persone. Quindi ho presentato questo emendamento e al governo non è piaciuto. Theresa May, che allora era il ministro degli interni, mi ha invitato per un incontro e ha detto che avrebbe voluto che ritirassi l’emendamento. Al che io ho risposto “perché?”, e lei ha detto “beh, se prendiamo questi bambini, altri seguiranno.” E io ho replicato “non possiamo voltare le spalle ai giovani che dormono nella giungla di Calais, nelle isole greche o altrove nel Mediterraneo. Non possiamo voltare loro le spalle. Sono vulnerabili alla tratta, alla criminalità, alla prostituzione, alla droga, a ogni genere di cosa.”. Quindi ci siamo lasciati.
Comunque, per farla breve, l’emendamento è stato approvato a larga maggioranza dai Lord, è stato leggermente sconfitto dai Commons, ma è stato rimandato ai Lord. E mentre questo accadeva i media si sono improvvisamente svegliati. E come ho detto prima, c’erano queste terribili fotografie di persone che annegavano nel Mediterraneo, di Alan Kurdi. L’opinione pubblica ha iniziato a svegliarsi e si sono formati gruppi locali che dicevano di accogliere i rifugiati nelle aree locali. E credo che questo abbia dato un po’ di tono ed è così che Theresa May ha proposto di accettare l’emendamento. Ora, penso che questo sia stato il peso dell’opinione pubblica esercitato nei collegi elettorali locali sui governi che sostengono i parlamentari. Ho sempre detto che non dobbiamo farne una cosa politica. Questa causa dei bambini rifugiati, dovrebbe attraversare lo spettro. Ma ovviamente avevamo meno conservatori di quanti altri partiti ci sostenessero. E penso che sia stata esercitata molta pressione sui parlamentari e il governo ha successivamente ritenuto che avrebbero potuto perdere gli emendamenti, quindi hanno ceduto. Inizialmente il governo aveva un numero di 3000, una cifra molto piccola in realtà, ma in ogni caso dovevamo discutere cosa fare e cosa avremmo potuto ottenere. Per varie ragioni tecnico-parlamentari siamo dovuti restare sui 3000 e lasciare il numero indeterminato. E poi il governo ha proposto di limitare il numero a 480. Al che io ho chiesto la motivazione e la riposta è stata che non c’erano sufficienti autorità locali che potessero fornire famiglie affidatarie disposte ad accogliere i bambini.

Il modello funziona in questo modo: se i ragazzi hanno fino a 16 anni, possono essere ospitati da famiglie affidatarie – il modello del Regno Unito. Noi abbiamo iniziato a contestare questo modello dicendo che avremmo potuto trovare altre autorità locali molto più rapidamente. Abbiamo fatto un sondaggio e abbiamo trovato 15/16 altri posti. Ma il governo ha insistito per mantenere basso quel numero. C’era un ulteriore emendamento che aveva a che fare con il trattato di Dublino in base al quale un bambino rifugiato in un paese dell’Unione Europea poteva chiedere di ricongiungersi ad un altro rifugiato: in questo modo un ragazzo siriano in Francia avrebbe potuto chiedere di ricongiungersi ad uno zio o ad un fratello nel Regno Unito.

Il problema è stato quando la Gran Bretagna ha preso la decisione disastrosa di lasciare l’UE. L’emendamento a un altro disegno di legge, che ho approvato, prevede che la Gran Bretagna dovrebbe continuare a negoziare i termini dell’accordo di Dublino anche dopo aver lasciato l’UE – vale a dire termini di ricongiungimento familiare. Questo è un disastro perché ora non c’è nemmeno un ricorso legale adeguato per le famiglia. C’è un altro disegno di legge in parlamento chiamato Borders Bill: possiamo fare del nostro meglio per emendarlo, vedere se possiamo salvaguardarlo, in particolare per le famiglie perché credo che siano più numerose rispetto a chi non ne ha. Quindi noi continueremo su questo fronte a sfidare il governo, e il modo migliore per farlo è spostare emendamenti nella legislazione del governo per proteggere i diritti dei bambini che hanno bisogno di venire qui.

MOAS: le ONG e i cittadini come possono sostenere i minori non accompagnati?

Lord Dubs: Dico sempre che i cittadini dovrebbero far sentire la loro voce. Vale a dire che dovrebbero parlare con i membri del loro parlamento e con i consiglieri locali. I gruppi religiosi possono essere di aiuto, così come qualsiasi altra organizzazione di cui le persone sono membri, che si tratti di sindacati o imprese, dovrebbero far sentire la voce collettiva e questa voce dovrebbe essere accogliente: questo è davvero importante. E, naturalmente, a livello locale se una voce può essere ascoltata può avere più risonanza se è legata ai ragazzi che frequentano le scuole locali. Quindi sì, penso che sia cruciale che quelli di noi che credono in ciò per cui si battono dovrebbero far sentire la propria voce e far sapere agli altri che queste sono le politiche giuste da seguire.

MOAS: Questo mi porta a porgere la domanda finale, una domanda generale sui percorsi sicuri e legali per i richiedenti asilo. Ora, MOAS è stata la prima ONG a svolgere attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo e, da allora, abbiamo concentrato le nostre energie per portare avanti una campagna per l’implementazione di vie sicure e legali: vogliamo far capire alle persone che cosa sono le vie sicure e legali e come sostenere la loro implementazione. Mi stavo chiedendo come pensa che potremmo generale cooperazione tra gli stati membri dell’Unione Europea, perché ovviamente questo sarebbe l’ideale. Ma come possiamo provare a generare questa cooperazione e, in un mondo ideale, quali sarebbero i percorsi sicuri e legali per i richiedenti asilo?

Lord Dubs:. Sfortunatamente, non essendo nell’UE, l’influenza del Regno Unito sugli altri paesi è diminuita sostanzialmente. Tuttavia io ho sempre sostenuto che questo tema non dovrebbe essere gestito solo a livello europeo, ma dovrebbe andare ben oltre i confini dell’UE. Quindi, una delle tragedie è stata che, poiché gran parte dell’onere cadeva su alcuni paesi come la Germania, i partiti politici di estrema destra potevano sfruttare la situazione; questo è un altro argomento per cui l’opinione pubblica dovrebbe essere dalla nostra parte perché i partiti di estrema destra hanno avuto un effetto dannoso sulla politica dei loro paesi, siano essi Francia, Italia o Ungheria. Dobbiamo cercare di ottenere la massima cooperazione internazionale. E questo va a minare i partiti di estrema destra che, comunque, hanno fatto una campagna di totale opposizione ai rifugiati. Penso che dovremmo usare ogni forum internazionale possibile; ad esempio, sono stato coinvolto nell’Organizzazione dell’Assemblea Parlamentare dell’OSCE per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Faccio parte del Migration Committee, che abbiamo sostenuto quando abbiamo avuto incontri congiunti con il Consiglio d’Europa. Dobbiamo fare in modo che i paesi europei lavorino insieme e condividano le responsabilità – questa deve diventare una richiesta politica chiave. Penso che lavoreremo insieme all’UNHCR e all’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni per vedere qual è la portata o il volume degli arrivi e come possiamo condividerli tra i diversi paesi. Dobbiamo valutare che sono rifugiati, non solo migranti economici. Non c’è niente di sbagliato nell’essere un migrante economico, ma spetta a ciascun paese decidere quante persone accogliere e di che cosa hanno bisogno. Ma se stiamo parlando di rifugiati, penso che un possibile modello sia quello che ho menzionato prima: ottenere la cooperazione tra l’UNHCR e una/due altre organizzazioni internazionali, e vedere se riusciamo a capire di che numeri stiamo parlando e, successivamente, di come trasferirli da un paese dell’UE all’altro e condividerne la responsabilità. Quindi, potremmo dire alla Grecia di volerla aiutare, dando priorità ai più vulnerabili, considerando che molte persone qualificate, pur essendo rifugiate, rimangono a Lesbo. In questo modo, ad esempio, 800  rifugiati arriveranno nel Regno Unito, in Francia, in Spagna e via dicendo. Questo è quello che dovremmo fare ora. Potrebbe essere troppo idealistico, ma credo ancora che il mondo potrebbe cooperare in questo modo. Ed è proprio quello che mi piacerebbe vedere.

MOAS: Sì, spero che questa diventi una possibilità reale se continuiamo a sostenere questa idea e a galvanizzare le comunità.

Lord Dubs: D’accordo, allora dobbiamo continuare a dire la stessa cosa quando ci dicono che non possiamo gestire queste persone. Non si può affermare, perché nessuno chiede di condividere la responsabilità con altri paesi. Personalmente odio quei gommoni che attraversano la Manica perché le persone vengono sfruttate perché sono molto, molto pericolose. Le persone dovrebbero seguire strade più sicure e legali. Odio l’idea che le persone vengano sfruttate, salendo sui gommoni. Beh, negli anni precedenti arrivavano principalmente sul retro dei camion, ma comunque odio le rotte illegali. Sono pericolose, umilianti e sfruttatrici. E dobbiamo avere un accordo su percorsi sicuri e legali. Facevo parte di una commissione parlamentare per questo parlamento e stavamo osservando come le persone attraversavano il Mediterraneo in quel momento.

Come si chiamava? Operazione Sofia. Penso che fosse una missione destinata a catturare i trafficanti. Ebbene, non è stato così. Ha salvato vite, ma non ha catturato i trafficanti perché purtroppo i trafficanti in Libia spingono semplicemente le barche per molte miglia al di fuori delle acque territoriali. Quindi è stata interrotta. Le barche sono state fermate e poi sono stati presi vari accordi con la Libia. E come sai, quei rifugiati che arrivano in Libia vengono sfruttati e alla fine tenuti come schiavi nei campi di detenzione a meno che non possano pagare i trafficanti per portarli attraverso il Mar Mediterraneo. E ovviamente, dobbiamo fare tutto il possibile per cercare di stabilizzare la situazione in Libia, che funzioni o meno. Ma non sono sicuro. La Libia si trova in una situazione terribilmente difficile.

MOAS: Sì, sicuramente. Queste erano tutte le mie domande oggi. Quindi grazie mille per averci dedicato del tempo e per averne parlato con noi. Speriamo che anche gli ascoltatori abbiamo imparato molto.

Lord Dubs: Grazie per averlo detto. C’è un ultimo messaggio: molti di noi hanno lavorato bene. È sbagliato che sia solo io a ricevere visibilità, ma immagino che sia il modo in cui operano i media. Molte brave persone stanno lavorando su questo. Posso aggiungere che ci sono dei fantastici volontari che lavorano nei campi? Sapete, persone e giovani rinunciano a un anno, due anni della loro vita per aiutare i giovani più vulnerabili nelle dure condizioni di quella che era la giungla di Calais e nelle pessime condizioni delle isole greche – e questi giovani sono fantastici. Meritano tutte le medaglie, così come tutte le ONG che lavorano con i rifugiati, che fanno un lavoro fantastico.

MOAS: È stato un vero piacere parlare con Lord Dubs oggi. Potete controllare il sito web e i canali social di MOAS per ricevere ulteriori informazioni sui percorsi sicuri e legali e su come partecipare alla campagna per implementarli.

 

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