MOAS – #SavedAtSea

Alvin, Yemi, Madam & Mr. Hallo e Alaa sono solo alcuni degli oltre 33 mila volti di uomini, donne e bambini che abbiamo visto passare sulle nostre navi negli ultimi due anni e mezzo. Esseri umani come noi, ciascuno di loro con la propria storia di sopravvivenza, aspirazioni, sogni, disperazione, avventure e disavventure. Storie di persone che hanno visto la loro vita minacciata da guerre, terrorismo, povertà, fame o disastri ambientali, e hanno deciso di non arrendersi. Hanno deciso di rischiare tutto attraversando il mare in condizioni disperate, e lottare per una vita migliore.

Migliaia di queste storie rimarranno per sempre sconosciute in fondo al mare, insieme ai corpi di chi non ce l’ha fatta. È anche in loro onore che parlano le voci di #SavedAtSea: una serie di brevi ritratti raccontati in prima persona da chi invece da quello stesso mare siamo riusciti a trarre in salvo.

Alvin, Liberia, #SavedAtSea

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“Ho lasciato la Liberia nel 2014 a causa dell’epidemia di ebola. Mia sorella maggiore lavorava come infermiera a Monrovia in uno degli ospedali maggiormente colpiti dall’epidemia ed è morta dopo aver contratto il morbo. Con mia madre e le mie sorelle più piccole abbiamo deciso di partire. Siamo arrivati a Dakar, in Senegal. Mia sorella maggiore era la principale fonte di sostentamento per tutti noi, e senza di lei sono stato costretto a raggiungere l’Europa per trovare lavoro. Quando sono arrivato in Libia, mi hanno rapito e per due mesi sono stato in un campo vicino Sebha dove mi costringevano ai lavori forzati finché la mia famiglia non ha pagato il riscatto. Una volta libero, ho raggiunto la costa e mi sono imbarcato su un gommone, ma la Guardia Costiera libica ci ha fermati e riportati indietro. Per tre mesi sono stato in una prigione a Zawiya dove stavo per morire di fame. Quando mi hanno rilasciato ho tentato nuovamente la traversata perché volevo andare via dalla Libia prima possibile. In Liberia facevo il meccanico, ma sono anche un rapper e sogno di diventare un artista. In Europa farò del mio meglio per aiutare la mia famiglia e per realizzare i miei sogni.”

Yemi, Mali, #SavedAtSea 

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“Vengo da Kayes, in Mali, vicino la frontiera col Senegal. Non sono andata via a causa del conflitto che interessa la parte nord del paese. Sono partita anni fa perché mio marito aveva avuto un lavoro in Libia e io l’ho seguito. Poi è scoppiata la rivoluzione seguita dalla guerra civile che ha reso la nostra vita estremamente pericolosa. Il paese è nel caos e quando è nato mio figlio Chi, mi sentivo troppo in pericolo per crescerlo lì. Non volevo venire in Europa, ma ora come ora non c’è scelta per chi è bloccato in Libia e vuole andar via. Siamo stati costretti a partire e l’unico modo era attraversare il mare verso l’Europa. Spero un giorno di ritornare in Mali, a Kayes, insieme a mio marito. Non so cosa mi succederà in Europa ma per ora l’unica cosa che voglio è dare il meglio a mio figlio.”

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Madam & Mr. Hallo, Iraq, #SavedAtSea

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“Io ho 92 anni, mio marito 84. Veniamo da Sinjar, nel nord dell’Iraq, dove vivevamo con nostro figlio e la sua famiglia. Nel 2014 l’Isis ha preso la nostra città ed ha massacrato molti di noi, tra cui mio cognato e i nostri vicini. Perché? Perchè siamo di etnia Yazidi, diversi da loro, e per questo l’Isis ci ha costretti a fuggire o a venire uccisi a nostra volta. Molti di noi sono scappati sulle montagne a nord della città. Avevamo paura, perché non c’era modo di sapere se avremmo potuto tornare nelle nostre case o se saremmo stati al sicuro lì. Per questo abbiamo deciso con la nostra famiglia di andare in Turchia e provare ad attraversare il mare su un gommone, nonostante fosse molto pericoloso, in particolare alla nostra età. Mio figlio e la sua famiglia volevano mettersi in salvo attraversando il mare, ma non volevano neanche lasciarci indietro e abbandonarci. Per questo ci siamo assunti un rischio enorme, perché loro si meritano un futuro migliore in Europa, e non volevamo essere noi ad impedirglielo. Sono contenta di essere andata con loro ed essere assieme ora.”

Alaa, Siria #SavedAtSea

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“Mi chiamo Alaa e sono con mia moglie, la nostra figlia di tre anni, Aya, e il nostro bambino Omar. Veniamo da Aleppo in Siria, ma siamo dovuti partire dopo che la nostra casa è stata bombardata. Ne abbiamo parlato con alcuni nostri amici e abbiamo deciso di partire insieme. Prima di salire sul barcone ed essere salvati, abbiamo viaggiato per un po’. Prima siamo andati in Turchia, e siamo rimasti per qualche mese a Istanbul. Poi, abbiamo preso un aereo per Tripoli, in Libia, prima di continuare verso Sabrata, sulla costa a nordovest del paese. Lì sono riuscito a trovare lavoro nell’edilizia per un po’. Le cose stavano andando bene, ma era difficile stabilirsi in Libia, e quindi alla fine abbiamo deciso di continuare il nostro viaggio verso l’Europa, più precisamente verso la Germania. Sono sicuro che quando arriveremo in Germania, la mia famiglia ed io avremmo la possibilità di sperare in un futuro migliore e più sicuro.”

 

ME

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