Moas e la visita a Mohammed Adam Oga

Armed Forces Malta

Mohammed Adam Oga ha lasciato la Libia il primo giorno di agosto e, nel tentativo di attraversare il Mediterraneo, ha trascorso 11 giorni in mare a bordo di un gommone insieme ad altri 14 migranti. Mohammed, originario dell’Etiopia, ha vissuto 15 anni in Eritrea e in Sudan prima di decidere di cominciare il viaggio verso l’Europa, a un mese di distanza dall’inizio della repressione militare in Sudan.

Una traversata traumatica: il gommone ha esaurito rapidamente il carburante, l’acqua e il cibo e non è stata prestata alcuna assistenza nonostante le disperate richieste rivolte alle navi e agli elicotteri di passaggio. Mohammed è stato testimone della morte di tutte le altre 14 persone a bordo, tra cui una donna incinta, a seguito delle sofferenze causate dal caldo e dalle dure condizioni della traversata mortale del Mediterraneo.

Il 12 agosto il trentottenne, unico superstite della traversata, è stato evacuato da un elicottero delle forze armate maltesi ed è stato portato all’ospedale Mater Dei per un trattamento di emergenza.

Nei mesi passati MOAS ha visitato regolarmente i migranti provenienti dalle navi SAR/AFM ricoverati presso l’ospedale locale, fornendo compagnia, beni e servizi, mostrando solidarietà ai migranti e a coloro i quali sono impegnati nel settore. Attraverso la nostra esperienza nell’assistenza post-salvataggio comprendiamo l’importanza del supporto in questa delicata fase e abbiamo sentito il dovere di visitare Mohammed dopo il suo salvataggio.

Lo staff MOAS e la direttrice Regina Catrambone hanno visitato Mohammed il pomeriggio successivo al salvataggio, il 13 agosto, per fornirgli alcuni beni di prima necessità come prodotti per il bagno, vestiti e scarpe. Anche se estremamente fragile, Mohammed sembrava felice della nostra compagnia e ci auguriamo di continuare a sostenerlo durante il suo percorso di recupero. Nonostante il recente trauma Mohammed, nelle comunicazioni con il nostro team, si è mostrato estremamente gentile, resiliente e speranzoso.

La tragedia di Mohammed non è l’unica. Mentre celebriamo la sua sopravvivenza, piangiamo la morte degli altri 14 che avevano intrapreso il viaggio con lui e delle 850 persone che hanno perso la vita dall’inizio dell’anno. Negli ultimi cinque anni nel Mediterraneo non è stato raggiunto alcun accordo duraturo ed etico per prevenire ulteriori tragedie e ridare a queste persone la dignità di cui hanno disperatamente bisogno e che meritano. Quanti altri esseri umani moriranno prima che si trovino delle soluzioni adeguate?

Nonostante tutto Mohammed non si è mai pentito di aver tentato la traversata – prova evidente della disperazione delle persone costrette a fuggire. La sua testimonianza è l’ennesimo esempio di come il Mediterraneo si sia guadagnato la reputazione di rotta più letale al mondo per i migranti – e ci ricorda l’urgente necessità di garantire #viesicureelegali nel tentativo di ridurre questa tragica perdita di vite umane in mare.

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