L’impatto delle fake news e della disinformazione sul settore umanitario

Nell’era digitale, la narrazione sulle questioni umanitarie è profondamente influenzata dall’elevato numero di informazioni online, che spesso possono essere fuorvianti o false. Sebbene le fake news e la disinformazione esistano da tempo nel mondo della carta stampata e della televisione, la digitalizzazione dello spazio informativo incrementa la circolazione dei contenuti falsi o fuorvianti, creando un impatto significativo sulle percezioni del lettore, sulle decisioni politiche e sull’intera società. Ciò evidenzia la necessità di sviluppare gli strumenti adatti per un atteggiamento critico in grado di comprendere la complessità delle questioni umanitarie.

Comprendere i termini

Con il termine “disinformazione” facciamo riferimento a informazioni false o imprecise che vengono diffuse senza l’intento di ingannare, da individui che credono sinceramente in ciò che hanno letto o che non verificano adeguatamente le fonti da cui provengono le notizie.

Le “fake news”, invece, sono informazioni falsa che vengono deliberatamente diffuse, in maniera intenzionale, con l’intento di ingannare o manipolare gli altri. Vengono spesso utilizzate come strumento per influenzare le opinioni, generare odio o altri obiettivi specifici.

Fake news e disinformazione nel settore umanitario

Nel settore umanitario ci sono alcune forme di fake news e di disinformazione che sono particolarmente diffuse e pericolose. Come quelle relative alle comunità vulnerabili che, troppo spesso, vengono colpite e danneggiate da narrazioni fuorvianti. È il caso di alcuni trafficanti di esseri umani che, spacciandosi per fonti ufficiali, hanno indicato alcune rotte migratorie come sicure mettendo a repentaglio la vita delle persone.

Un’ulteriore pericolosa fonte di fake news e disinformazione può essere costituita dalle informazioni sui fenomeni che accadono attorno a noi. Un chiaro esempio è quello delle ONG che conducono missioni di ricerca e soccorso in mare per salvare le persone migranti dall’annegamento, e che vengono descritte, da alcuni canali di informazione, come fattore di attrazione per le persone che intendono raggiungere l’Europa. Un concetto che è stato dimostrato, attraverso dati e studi scientifici, essere falso e fuorviante.

La disinformazione, spesso, può derivare anche da un’errata interpretazione dei dati ai quali si ha accesso, o da una narrazione che prende in considerazione soltanto uno dei tanti aspetti di questioni complesse che difficilmente possono essere affrontati in maniera esaustiva nei tempi ristretti dei nostri media.

Conseguenze sul lavoro umanitario

Le fake news e la disinformazione possono costituire un limite per le operazioni umanitarie, indebolendo la fiducia della comunità nei confronti delle organizzazioni umanitarie e causando danni reputazionali. Tutto ciò può ridurre le capacità operative e limitare lo spazio delle azioni umanitarie, impedendo di aiutare le persone più bisognose.

Nel 2018, ad esempio, Save the Children è stata oggetto di una campagna di disinformazione che accusava l’organizzazione di collusione con i trafficanti di esseri umani. A seguito della forte  attenzione da parte dei media sulle loro operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, il gruppo di estrema destra “Defend Europe” ha noleggiato un’imbarcazione per cercare di fermare le loro attività. (RSIS)

I principi di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza che costituiscono la base del lavoro umanitario sono costruiti sulla fiducia. Se la reputazione di un’organizzazione umanitaria viene offuscata a causa della disinformazione e delle fake news, la fiducia viene meno. E se l’opinione pubblica ne risente, anche i finanziatori e i supporters, ne risentiranno negativamente, con un impatto negativo su coloro i quali beneficiano dell’assistenza fornita dalle organizzazioni umanitarie.

Il ruolo dei social media

La disinformazione viene spesso diffusa inconsapevolmente sui social media da persone con un grande seguito online che si fidano ciecamente di ciò che leggono. È molto comune, soprattutto nelle generazioni più giovani, condividere notizie senza verificarne l’autenticità. Un problema amplificato dal sensazionalismo. L’abbondanza di informazioni disponibili ci conduce a prestare attenzione a quei titoli accattivanti, che evocano una risposta emotiva, invece che spingerci verso fonti che affrontano le questioni in modo imparziale. Pertanto, le informazioni che arrivano al lettore sono spesso sensazionalistiche e non verificate.

La necessità di un occhio critico

Dobbiamo riconoscere il nostro ruolo nell’affrontare la questione delle fake news e della disinformazione nel settore umanitario. I lettori dovrebbero impegnarsi attivamente con i contenuti proposti, valutando criticamente le informazioni fornite e verificando i fatti attraverso fonti affidabili. Sviluppare un occhio perspicace per le informazioni false o fuorvianti comporta la messa in discussione delle narrazioni, la verifica delle affermazioni e la ricerca di prospettive diverse per comprendere in modo completo questioni complesse. Affinando la nostra capacità di identificare fonti credibili e di esaminare le informazioni, contribuiamo a una cultura del consumo responsabile delle informazioni e sosteniamo l’integrità degli sforzi umanitari.

Considerazioni finali

In conclusione, l’impatto pervasivo della disinformazione sul settore umanitario sottolinea l’urgente necessità di una maggiore consapevolezza, di una valutazione critica e di un discorso informato. Comprendendo le dinamiche della disinformazione, riconoscendone le conseguenze e dando priorità all’alfabetizzazione mediatica, possiamo lavorare insieme per rafforzare la resilienza degli sforzi umanitari, proteggere le comunità vulnerabili e sostenere i principi di umanità e integrità nell’affrontare le sfide globali.  In un’era sempre più digitale, possiamo affrontare la complessità delle questioni umanitarie solo attraverso un’azione comune e l’impegno per la verità e l’accuratezza.

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