In Bangladesh durante la stagione dei monsoni le piogge torrenziali causano incidenti mortali nei campi profughi

Immaginate di fuggire dalla violenza, dalle persecuzioni e dal genocidio. Potete prendere solo ciò che riuscite a trasportare a piedi, camminando per giorni e attraversando un confine internazionale, in cerca di salvezza e protezione. Immaginate di iniziare una nuova vita nel più grande campo profughi del mondo, all’interno del Bangladesh. Dopo aver vissuto queste esperienze traumatiche, immaginate di perdere vostro figlio, non per malattia o violenza, ma a causa di un killer forse più benigno, ma non meno spietato – l’annegamento.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ha definita “L’epidemia silenziosa”, e MOAS sta lavorando duramente per porre rimedio a questa tragedia.

Con l’inizio della stagione dei monsoni in Bangladesh, diventa prioritario aumentare le risposte emergenziali in caso di catastrofi naturali. Secondo l’ISCG, l’arrivo della stagione monsonica, con forti piogge, non potra’ che aggravare una situazione già difficilissima a Cox’s Bazar, nei campi profughi dove quasi 860.000 rifugiati Rohingya vivono in condizioni di sovraffollamento e in dimore precarie, spesso situate su terreni pericolosi.

Le forti piogge fanno aumentare drasticamente il livello delle acque nei corsi d’acqua, negli stagni e nei campi e i bambini sono particolarmente a rischio, data l’assenza quasi totale di luoghi sicuri dove giocare e l’irresistibile attrazione che l’acqua esercita per loro durante la stagione piu’ calda e umida.

Nel 2019, per far fronte a questo problema e in collaborazione con l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (UNHCR), MOAS ha avviato i corsi di formazione per la sicurezza in acqua rivolti ai rifugiati Rohingya e alla comunità ospitante per prepararli a far fronte ad emergenze come queste e per prevenire la perdita di vite umane. Questi corsi preparano i volontari della comunità ospitante e dei Rohingya ad essere in grado di agire con tempestivita’ come primi soccorritori in caso di emergenza e di gestire gli effetti collaterali delle alluvioni. A dicembre 2019, MOAS aveva formato oltre 1230 volontari per la sicurezza in acqua, con l’obiettivo di ridurre i pericoli e fornire assistenza in caso di alluvioni.

Quest’anno stiamo affrontando molti problemi nel portare avanti tali attività, a causa dell’epidemia di COVID-19 nei campi profughi. La ridotta presenza delle organizzazioni umanitarie tra i rifugiati – e solo per portare aiuti essenziali per affrontare la pandemia – ha limitato la capacità di svolgere pienamente le nostre attività chiave.

Sfortunatamente, nonostante gli sforzi compiuti, continuano a verificarsi annegamenti di bambini, e questo significa che la formazione in materia di sicurezza in acqua deve continuare ed essere implementata, per fornire competenze di salvataggio ai Rohingya e alla comunità ospitante.

La nostra squadra sul campo in Bangladesh ci ha purtroppo riportato alcuni incidenti nei campi profughi finiti tragicamente a causa dell’innalzamento del livello dell’acqua negli stagni.

1. La storia di Masud

La giornata era iniziata come qualsiasi altra per Masud, un ragazzo di 11 anni che vive nel campo 4. Dopo essere andato alla Madrasa per pregare e aver mangiato il riso con le verdure che sua madre gli aveva preparato per pranzo, ha deciso di incontrare il suo migliore amico Salim per giocare a calcio vicino a uno stagno.

Tuttavia, a causa delle forti piogge, lo specchio d’acqua era gonfio d’acqua e quando Masud vi e’ caduto dentro non e’ stato in grado di mettersi in salvo.

Immediatamente l’amico Salim e’ corso a casa per riferire alla famiglia di Masud l’incidente e, mentre suo padre si precipitava immediatamente sulla scena in lacrime, altre 30 persone si sono radunate vicino allo stagno per aiutare.

Dopo essere stato estratto dall’acqua Masud e’ stato condotto in ospedale. Purtroppo, dopo 20 minuti, i medici hanno dichiarato il decesso, gettando la sua famiglia e i suoi amici nella disperazione.

2. La storia di Kabir

Kabir, un orfano di 17 anni affetto da epilessia che abitava con gli zii nel campo 20 di Cox’s Bazar, un giorno ha deciso di andare allo stagno per fare il bagno. Dato che siamo nella stagione dei monsoni, il laghetto si era allagato ed era diventato molto profondo. Kabir, tratto in inganno dalla profondita’, e’ annegato perché purtroppo non era presente nessuno che potesse aiutarlo.

Più tardi quel giorno alcuni ragazzi che giocavano a calcio nei pressi dello stagno, mentre si lavavano le mani, hanno rinvenuto il corpo senza vita di Kabir. I ragazzi hanno tirato il ragazzo fuori dall’acqua e hanno quindi informato lo zio della terribile tragedia.

3. La storia di Fahima

Fahima aveva tre anni e viveva in prossimita’ del campo 20 con i genitori. Un giorno dopo la scuola si trovava a casa dei nonni, quando si e’ recata allo stagno senza informare nessuno.

I famigliari, resisi conto che Fahima era sparita, in preda al panico hanno iniziato a cercarla ovunque. Alla fine, la bimba e’ stata rinvenuta in uno stagno vicino a casa. La famiglia si e’ rivolta immediatamente ai volontari del CPP che lavoravano nelle vicinanze. Purtroppo, quando i soccorsi sono giunti e Fahima e’ stata estratta dall’acqua, era priva di vita e a nulla sono serviti i tentativi disperati di rianimarla.

4. La storia di Tasheen

Tasheen era un bambino di 7 anni che viveva con i suoi genitori nel campo 13 e adorava giocare con i suoi amici. Intorno alle 14 del 1 giugno, invece di tornare a casa per pranzo, ha deciso di andare a giocare in uno stagno con il suo amico Fahim. I genitori di Tasheen, occupati con le faccende domestiche, non si sono accorti immediatamente della sua scomparsa.

Tasheen, proprio come Masud, Kabir e Fahima, è caduto nell’acqua profonda e insidiosa del laghetto, mentre il suo amico Fahim non è stato in grado di aiutarlo e si è seduto vicino allo stagno piangendo disperato, incerto su cosa fare. Un passante, notando il pianto disperato di Fahim, lo ha aiutato ad estrarre il corpo di Tasheen dall’acqua. Il decesso del bambino è stato successivamente dichiarato nel vicino ospedale di Medici Senza Frontiere.

5. La storia di Sifat

Sifat era un bambino di 7 anni che viveva nel campo di Nayapara, a Cox’s Bazar, con i suoi genitori. La mattina del 14 giugno Sifat si e’ alzato, e’ andato alla Madrasa per pregare e dopo colazione e’ uscito a giocare con i suoi amici.

Mentre Sifat era fuori, suo padre riposava e sua madre era occupata con le faccende domestiche. Poco tempo dopo il papa’, svegliatosi, e’ uscito di casa per chiamarlo e riportarlo a casa. Mentre suo padre lo cercava nei campi, ha incontrato alcuni bambini e ha chiesto loro se avessero visto Sifat. I bimbi gli hanno detto che stava giocando nello stagno, e che era entrato in acque profonde. Allarmato, il padre del ragazzo e’ accorso il più velocemente possibile, ma purtroppo quando e’ arrivato sul posto alcuni ragazzi avevano già estratto il suo corpo dall’acqua. Arrivato in ospedale, i medici hanno confermato il decesso di Sifat a seguito di questo sfortunato incidente.

Queste storie strazianti mostrano quanto sia fondamentale continuare a fornire corsi di formazione per la sicurezza in acqua e per garantire che la comunità ospitante locale, così come la popolazione di rifugiati Roihngya, sia preparata ad agire in modo rapido ed efficiente per rispondere alle emergenze.

MOAS auspica di poter riprendere al più presto questi corsi, non appena le restrizioni per il Covid-19 saranno allentate, per trasferire tali competenze essenziali su come affrontare questo tipo di emergenze. Dato che i bambini giocano costantemente in acqua e che la maggior parte di loro non è in grado di nuotare, le abilità apprese nella formazione sulla sicurezza in acqua possono davvero fare la differenza tra la vita e la morte.

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