I recenti sviluppi della situazione delle persone migranti in Grecia

Image: Alkis Konstantinidis/Reuters

Mentre la pandemia di COVID-19 continua ad avere ripercussioni sulle nostre vite, i Paesi che sono riusciti ad evitare ulteriori contagi hanno cominciato ad allentare le misure preventive. Uno di questi è la Grecia, che ospita circa 115.000 rifugiati, persone migranti e richiedenti asilo, provenienti principalmente da Siria, Iraq e Afghanistan. Questi gruppi vulnerabili si trovano in maggioranza nella penisola, dove vivono in zone urbane, centri e campi circa 75.000 di essi, mentre gli altri 40.000 sono dislocati nelle isole greche.

Prima della pandemia, negli ultimi anni numerose sono state gli appelli nella comunità internazionale che hanno condannato le condizioni allarmanti nelle quali vive un significativo numero di migranti in Grecia. Nonostante le recenti critiche ai centri nelle città della penisola, un’attenzione sempre maggiore è stata rivolta alle isole dell’Egeo quali Lesbo, Chios, Samo, Kos e Leros, che ospitano in tutto più di 36.000 migranti.

A causa di un tale afflusso di persone, combinato a un sistema di accoglienza inadeguato, le strutture che li ospitano sono estremamente sovraffollate e sotto pressione, e chi si trova in questi centri vive in condizione di estrema povertà. Il campo di Moria a Lesbo, per esempio, ospita circa 20.000 persone in una struttura progettata per 2200. Anche prima della pandemia, diverse organizzazioni umanitarie avevano espresso la loro preoccupazione circa il rischio di rapida diffusione di malattie contagiose all’interno dei campi, e avevano nuovamente insistito sulla necessità di ricollocarne i residenti.

COVID-19 in Grecia

All’inizio di marzo, quando il virus ha cominciato a diffondersi rapidamente per tutta l’Europa, numerose ONG hanno richiesto l’urgente evacuazione dei campi profughi in Grecia, evidenziando l’impossibilità di distanziamento sociale, strutture insufficienti e carenza di servizi sanitari. Alla fine di marzo, il governo greco ha adottato una serie di misure anti-Covid in tutto il Paese e, invece di evacuare i campi, vi ha imposto il lockdown, isolando i residenti all’interno di tali confini. Con 2882 casi confermati e 172 decessi la Grecia è stata considerata efficace nella gestione del virus rispetto ad altri Paesi europei, e ha cominciato ad allentare le restrizioni, che sono invece rimaste stringenti per i centri che ospitano le persone migranti.

Nonostante finora non siano stati riportati casi positivi al virus all’interno dei campi nelle isole, ci sono stati diversi casi positivi confermati di persone migranti nella penisola, nei campi di Malakasa e Ritsona e in un hotel che ospita richiedenti asilo a Kranidi. Il focolaio maggiore è nell’hotel, gestito dall’OIM, nel quale almeno 148 persone sono risultate positive al COVID-19.

Image: Manolis Lagoutaris/AFP via Getty Images

Isolamento e frustrazione nei campi

Come conseguenza di lockdown e quarantena, molti dei residenti nei campi hanno espresso preoccupazione non solo per il virus, ma anche per l’impatto che le restrizioni stanno avendo sulla possibilità di accedere a servizi essenziali. Questi timori sono stati espressi, per esempio, dai rifugiati di Malakasa: i residenti, infatti, si sentono abbandonati in condizioni di isolamento e sono preoccupati per la difficoltà di accesso a cibo, cure e dispositivi di protezione.

All’interno dei campi aumenta anche la frustrazione. Se questi sentimenti erano già preponderanti prima della pandemia, gli ultimi mesi hanno visto comunità di persone migranti protestare circa le loro condizioni e sui tempi prolungati di valutazione delle richieste di asilo. Tuttavia ora, in aggiunta ai timori per il COVID-19, le vite di molte persone nei campi delle isole dell’Egeo sono state ulteriormente colpite. Nelle ultime settimane si sono diffuse notizie di incendi con cause attribuite alle proteste e dispute tra residenti. Gli incendi hanno imperversato nei campi di Samo e Chios, distruggendo edifici essenziali, tra cui case di accoglienza e magazzini di cibo, rendendo molte persone migranti e rifugiati ancora più vulnerabili e fragili, in caso di diffusione del Covid-19.

Ricollocamenti

Come già menzionato, lo scoppio dell’epidemia ha provocato numerose richieste di evacuazione dei campi. Nonostante ciò non sia avvenuto, le ultime settimane hanno visto il ricollocamento di persone migranti e rifugiati in Grecia e in altri Paesi europei.

A seguito di richieste da parte della comunità internazionale nei confronti della Grecia di proteggere le persone migranti vulnerabili e allentare il lockdown nei centri di accoglienza sulle isole, il ministro delle migrazioni greco ha cominciato a trasferire 2380 persone vulnerabili sulla penisola. Nelle ultime settimane è stato portato a termine il ricollocamento in diversi Paesi europei, come Germania e Lussemburgo, che hanno ricevuto dozzine di minori non accompagnati provenienti dalla Grecia, mentre è stato organizzato anche un volo per il ricongiungimento familiare di 52 persone migranti vulnerabili da Atene al Regno Unito.

Considerazioni finali

Mentre la maggioranza delle persone in Grecia ricomincia a muovere i primi passi verso il ritorno alla normalità, per le migliaia di persone migranti confinate nei sovraffollati campi e centri di accoglienza i rischi del COVID-19, associati ad altre svariate malattie contagiose e ai rischi per la salute rimangono una minaccia costante. La crisi ha ulteriormente messo in luce le terribili condizioni nelle quali molte di queste persone sono costrette a vivere e ha quindi enfatizzato la necessità di soluzioni a lungo termine e sostenibili. I recenti ricollocamenti sono un passo importante, pur rappresentando solamente una parte delle azioni che devono essere intraprese.

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