Giornata Mondiale della Salute 2021: l’impatto del COVID-19 su rifugiati e persone migranti e accesso ai vaccini

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Il 7 aprile è la Giornata Mondiale della Salute, ricorrenza che celebra il diritto fondamentale di accesso alle cure per tutti e l’incredibile lavoro e i sacrifici compiuti da medici e organizzazioni nel mondo. La Giornata segna anche l’anniversario della fondazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 1948.

Questa ricorrenza offre l’opportunità di focalizzare l’attenzione su importanti questioni relative alla salute e di evidenziare gli ostacoli e le disuguaglianze nell’accesso all’assistenza sanitaria nel mondo, specialmente in questo periodo di pandemia. Il tema di quest’anno è “Costruire un mondo più giusto e più sano“.

Gli impatti del COVID-19 sulla salute di rifugiati e migranti

Il COVID-19 ha avuto un impatto molto pesante in tutto il mondo, con ripercussioni non solo sulla salute fisica ma anche su quella mentale. Questo è ancora più vero nel caso di rifugiati e migranti, e non bisogna sottovalutare gli effetti che questa crisi sanitaria globale ha avuto sulle persone che hanno già un accesso limitato a servizi di cura.

I rifugiati sono particolarmente vulnerabili alla trasmissione del COVID-19 a causa delle condizioni in cui sono costretti a vivere, in particolare nei campi di grandi dimensioni, dove il distanziamento sociale è quasi impossibile e seguire le semplici norme di igiene è complicato. Su una popolazione globale di oltre 80 milioni di rifugiati e sfollati nel mondo, sono stati registrati quasi 50.000 casi di COVID-19 e circa 450 decessi. Tuttavia, queste cifre sono probabilmente inferiori al numero reale a causa della scarsa capacità di effettuare i test diagnostici del Covid.

Sebbene sia i dati sulla trasmissione, che il tasso di mortalità a causa del COVID-19 siano stati inferiori a quanto inizialmente previsto, resta alto il pericolo dell’esplosione di un’epidemia fuori controllo. Inoltre, le ripercussioni sulla salute legate al COVID-19 vanno ben oltre il virus stesso, poiché sono gli effetti indiretti o secondari della pandemia ad aver causato le conseguenze più gravi sulle persone forzatamente sfollate in tutto il mondo. La pandemia ha implementato il problema della fame e della malnutrizione tra i rifugiati, un fattore ampiamente attribuibile alle restrizioni legate al COVID-19, che hanno decimato le opportunità di lavoro e distrutto i sistemi alimentari. Inoltre, le restrizioni nei campi profughi hanno esacerbato i problemi di salute mentale tra i residenti come si è evidenziato, ad esempio, nei centri di accoglienza delle isole greche, dove l’anno scorso i casi di autolesionismo hanno registrato un aumento del 66%. Infine, spesso i fondi per gli aiuti umanitari sono stati reindirizzati alle risposte al COVID-19, costringendo le ONG a ridurre altri servizi, incluse le cure mediche non legate al COVID, destinati le popolazioni sfollate.

Accesso ai vaccini

Dallo sviluppo del primo vaccino contro il COVID-19, i Paesi ad alto e medio reddito hanno acquistato grandi scorte, lanciato campagne di vaccinazione su larga scala e stanno ottenendo risultati positivi. Tuttavia, ciò suscita preoccupazioni in merito al fatto che le nazioni a basso e medio reddito vengano escluse dalla distribuzione, riducendo la capacità di approvvigionamento di vaccini in quei Paesi che, secondo l’UNHCR, ospitano la maggior parte dei rifugiati.

Questa disuguaglianza nell’accesso ai vaccini ha portato gli esperti a predire che rifugiati, richiedenti asilo e migranti saranno essenzialmente lasciati indietro, mentre i Paesi più ricchi spingono per vaccinare in fretta i loro cittadini. In molti Paesi che stanno registrando statistiche positive in termini di quantità di dosi ordinate e cittadini vaccinati, i rifugiati non sono stati inclusi. Dei 133 Paesi sui quali l’UNHCR dispone di informazioni, 81 hanno finalizzato le proprie strategie di vaccinazione. Solo 54 di questi hanno incluso disposizioni esplicite per coprire le popolazioni a rischio come i rifugiati, i richiedenti asilo, gli apolidi e gli sfollati interni. Fino ad ora solo otto Paesi europei si sono impegnati esplicitamente a includere i migranti senza documenti nelle loro campagne di vaccinazione (Belgio, Finlandia, Francia, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, UK) .

Sin dall’inizio le risposte dei governi alla pandemia hanno incluso restrizioni ai confini per proteggere la popolazione. Attualmente ancora 144 Paesi tengono chiuse le frontiere e 60 hanno rifiutato di fare eccezioni per rifugiati o persone migranti. I richiedenti asilo che utilizzano le rotte migratorie tradizionali hanno subito ripercussioni, in quanto il virus è stato utilizzato come scusa per vietare l’ingresso. Dato che il futuro dei viaggi internazionali e nazionali diventerà sempre più legato alla vaccinazione, si delinea all’orizzonte un quadro complesso, nel quale solo coloro che hanno i mezzi per essere vaccinati potranno utilizzare vie sicure e legali per viaggiare.

La Giordania, invece, rappresenta un’eccezione, in quanto il suo programma di vaccinazione è all’avanguardia in termini di inclusione e uguaglianza, poiché i rifugiati e i richiedenti asilo stanno già venendo vaccinati insieme ai cittadini giordani. Lavorando a stretto contatto con l’UNHCR, il governo giordano e il ministero della Salute si sono impegnati a proteggere questi gruppi vulnerabili con tecniche di prevenzione inclusive, dimostrando che la chiave per porre fine a questa pandemia risiede nella realizzazione di un mondo più giusto e più sano per tutti.

Le operazioni MOAS durante la pandemia

Durante il corso della pandemia, MOAS ha riaffermato il nostro impegno per la protezione dei gruppi più vulnerabili, avviando il progetto di produzione di mascherine in Bangladesh. Sono state realizzate 883.514 mascherine riutilizzabili, che sono state distribuite a rifugiati Rohingya e alla comunità ospitante di Cox’s Bazar. Anche a Malta abbiamo avviato un progetto di produzione di mascherine ecologiche, e i nostri fantastici volontari hanno prodotto quasi 9.000 mascherine per i gruppi vulnerabili dell’isola. Inoltre, abbiamo distribuito flaconi di gel disinfettante per mani alle organizzazioni che assistono le comunità più fragili a Malta. Abbiamo anche coordinato due spedizioni di alimenti terapeutici pronti all’uso (RUTF) in Yemen – per aiutare a rafforzare gli sforzi per combattere la malnutrizione nel Paese – oltre a una spedizione di 70.000 euro di aiuti farmaceutici, e abbiamo effettuato la nostra prima consegna di RUTF in Somalia.

Considerazioni finali

Quest’ultimo anno ha sottolineato l’importanza dell’assistenza sanitaria inclusiva in tutto il mondo e ha messo in luce la fortuna di coloro i quali vivono in luoghi dove esistono sistemi per sostenere e proteggere il nostro benessere e la nostra salute. Noi di MOAS, crediamo che per rispondere efficacemente a una pandemia mondiale, sia necessaria una risposta globale e coordinata, che includa tutti e garantisca che nessuno venga lasciato indietro.

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