Focalizzazione su Unchiprang

La MOAS Aid Station di Unchiprang si pone al servizio di un insediamento spontaneo di oltre 23.000 rifugiati Rohingya, tutti arrivati nei mesi trascorsi dall’inizio delle violenze in Myanmar il 25 agosto 2017. A fronte degli enormi bisogni del campo profughi e della potenziale crisi sanitaria che minaccia i suoi abitanti, la Aid Station di Unchiprang è stata fondata ed avviata in meno di due settimane. Ad oggi, visita fino a 300 pazienti al giorno.

 

Dentro il campo profughi di Unchiprang

Situato in una zona remota di Teknaf, in Bangladesh, il campo profughi di Unchiprang è stato strappato alla giungla su un terreno collinare e scosceso. Circondati da campi di riso e folta vegetazione, molti rifugi sono aggrappati ai fianchi di ripide discese, mentre gli stretti sentieri che attraversano il campo sono tagliati da ruscelletti di acqua sporca che, quando piove, allagano i rifugi costruiti più in basso. Intere famiglie vivono in baracche da una sola stanza e molte faticano a raggiungere qualsiasi struttura sanitarie.

Qui la vita va avanti, improvvisando moschee, scuole e barbieri a sostegno di una comunità che cerca di ricostruire il proprio futuro. Lungo la strada principale che entra nel campo, è sorto un mercatino affollato, ma frequentato soprattutto dalla comunità locale, dato che la maggioranza dei rifugiati ha pochissimi soldi e deve contare sull’assistenza umanitaria per mangiare. I bambini sono ovunque, intenti a giocare fra i rifugi o raccogliere diligentemente cibo e acqua per le loro famiglie.

Di grande preoccupazione per MOAS e per le altre ONG presenti ad Unchiprang è il grave e crescente problema dell’accesso all’acqua potabile. I gabinetti usati dalle migliaia di persone che vivono nel campo sono poco più che buche profonde, per cui i liquami scendono attraverso il terreno verso le fonti acquifere, aumentando continuamente il rischio della diffusione di malattie trasmissibili.

 

La Aid Station

Il 70% dei pazienti visitati alla Aid Station di Unchiprang è costituito da rifugiati Rohingya recentemente arrivati, che soffrono di lesioni fisiche e traumi psicologici causati dalla violenza vissuta in Myanmar o devono ancora riprendersi dal lungo e difficile viaggio in Bangladesh. Molti pazienti Rohingya hanno avuto pochissimo contatto con servizi sanitari nel corso della vita e spesso sono in pessima salute, mentre le condizioni sovraffollate e poco igieniche del campo peggiorano solamente la situazione.

Nonostante si tratti di una clinica di emergenza in prima linea sul fronte di una crisi sanitaria, ciò che colpisce chi entra nella Aid Station è l’atmosfera di pace e tranquillità. Leggermente scostata dal viavai e dalle attività del campo profughi, la Aid Station è uno spazio di tregua e di cura. Nell’area di attesa, i pazienti aspettano all’ombra i mediatori culturali che gentilmente invitano uomini, donne e bambini di ogni età ad entrare nelle due tende mediche. Mentre aspettano, i pazienti sono liberi di usare l’acqua potabile fornita da una fontanella all’entrata.

Il senso di ordine che si respira qui è garantito da un sistema accuratamente studiato per assicurare ai pazienti la cura più efficace possibile. Quando un paziente arriva nella Aid Station, viene registrato e fornito di targhetta numerica. Di seguito viene visitato da un infermiere MOAS, che gli chiede di descrivere la malattia e fa un triage iniziale. Ogni caso viene categorizzato come verde, giallo o rosso, a seconda dell’urgenza.

I casi verdi o gialli – per esempio chi soffre di febbre, dolori, mal di testa, tosse o malattie della pelle – ricevono un check-up completo dal dottore, che prescrive i farmaci adatti o, in caso di necessità, manda il paziente nella tenda accanto per osservazione o ulteriori interventi. Quando il paziente ha ricevuto tutte le cure necessarie, può passare in farmacia a ritirare gratuitamente i suoi medicinali. L’accesso gratuito ai farmaci è vitale per molti pazienti, che altrimenti non potrebbero permettersi gli antibiotici, anti-infiammatori ed antidolorifici di cui hanno bisogno.

I casi rossi 0 quei casi in cui è subito evidente che il paziente avrà bisogno di cure approfondite – per esempio chi soffre di ferite profonde, grave diarrea o problemi respiratori oppure perdita di coscienza – vengono portati direttamente nella tenda di emergenza per cure immediate. Qui lo staff medico dispone di macchine per l’ecografia, l’elettrocardiogramma, la cardiotocografia, il monitoraggio cardiaco e l’aspirazione, oltre ad attrezzature elettro-chirurgiche. Qui si possono svolgere piccoli interventi chirurgici, dopo cui i pazienti vengono portati nella zona di recupero e tenuti sotto osservazione.

Nel caso in cui ci sia bisogno di un intervento chirurgico più impegnativo o di altre cure più serie, la Aid Station dispone di un’ambulanza con cui può portare il paziente in ospedale o in clinica accompagnato da un infermiere MOAS.

Inaugurata il 10 novembre 2017, la MOAS Aid Station di Unchiprang ha già accolto oltre 10.000 persone. Il 54% dei nostri pazienti è costituito da minori di 18 anni, il che rispecchia la composizione demografica generale della popolazione rifugiata. Le patologie più comini sono malattie respiratorie, problemi intestinali, malnutrizione e sovraffaticamento. Il pessimo stato di salute dei rifugiati e le condizioni malsane del campo profughi incidono in maniera significativa sulla frequenza di casi gravi che necessitano cure urgenti.

Zubair, un bambino di due anni, è stato uno di questi casi gravi. Quando è arrivato nella Aid Station, Zubair aveva la febbre da più di una settimana e soffriva di convulsioni febbrili che rischiavano di danneggiare il suo sviluppo. Il team medico è intervenuto rapidamente per stabilizzarlo, con grande sollievo della madre, che ci ha raccontato per quanti anni lei ed il marito avessero aspettato questo figlio.

La posizione remota di Unchiprang significa che la Aid Station è anche un’ancora di salvezza per le piccole comunità locali, molte delle quali vivono di agricoltura. Recentemente Shaiful, un anziano signore Bengalese che lavorava nei campi, è rimasto gravemente ferito da una mietitrice, che gli ha rotto un braccio e causato ferite profonde alle gambe e ai fianchi. Quando Shaiful è stato portato d’urgenza alla Aid Station, lo staff medico ha potuto fermare l’emorragia e accompagnarlo con l’ambulanza MOAS all’ospedale più vicino, dove ha avuto bisogno di un intervento di chirurgia vascolare al braccio.

Mentre i casi di Zubair e Shaiful dimostrano l’enorme bisogno di assistenza medica emergenziale ad Unchiprang, sappiamo che con l’inizio dei mesi invernali affronteremo sempre più casi di polmonite e problemi respiratori. Frattanto, cresce anche il rischio di malattie trasmissibili causate dalle condizioni malsane del campo profughi. Alla conclusione del primo mese ad Unchiprang, MOAS guarda al futuro con grande determinazione a fare tutto il possibile per continuare ad offrire assistenza medica emergenziale sia ai rifugiati Rohingya che alle comunità locali.

 

Per sostenere il lavoro di MOAS, puoi fare la tua donazione sul sito www.moas.eu/donate oppure organizzare una raccolta di fondi attraverso www.moasfundraising.com. Puoi ascoltare qui un podcast sul nostro lavoro in Bangladesh oppure leggere qui un articolo sul primo bimbo nato nella nostra Aid Station di Shamlapur. Inoltre puoi diffondere informazione sul lavoro di MOAS condividendo le nostre storie in rete e puoi seguire tutti gli ultimi aggiornamenti attraverso la nostra newsletter.

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