Cambiamento e resilienza: le donne Rohingya in Bangladesh

Da quando il Myanmar ha privato la popolazione Rohingya del diritto alla cittadinanza del Paese in cui bambini, donne e uomini sono nati e in cui vivono da generazioni, la situazione di questa minoranza musulmana, diventata apolide, è peggiorata giorno dopo giorno. A partire dagli anni ’70, quando le autorità del Myanmar hanno cominciato a organizzare attacchi mirati contro le popolazioni Rohingya nel Rakhine, perpetrando indicibili violenze e uccisioni, molti di loro sono stati costretti a lasciare il Paese in cerca di salvezza.

Nel 2017, a seguito del peggioramento delle condizioni interne, il flusso di persone migranti in fuga dal Paese ha conosciuto una forte espansione. Nell’agosto 2017 almeno 742.000 persone sono fuggite attraverso il confine con il Bangladesh, con migliaia dirette ai campi di Cox’s Bazar. Negli ultimi mesi la situazione in Myanmar sta nuovamente precipitando e il numero delle persone costrette a scappare è in costante aumento.

MOAS è presente in Bangladesh dal 2017, dove abbiamo curato oltre 90.000 persone nelle nostre Aid Stations e dove abbiamo incontrato tantissime donne che ci hanno raccontato le loro storie, le violenze subite, le difficoltà. Con loro abbiamo condiviso momenti difficili e momenti di speranza. Con l’avvio, nel 2019, dei nostri corsi di formazione DRR per la Riduzione del Rischio di Disastri per la sicurezza in acqua e per la risposta agli incendi nei campi rifugiati, le donne non sono state semplici destinatarie dei progetti umanitari, ma protagoniste.

Le donne Rohingya hanno preso attivamente parte ai training apprendendo preziose competenze pratiche che consentono loro di operare come prime soccorritrici in condizioni di emergenza. Grazie all’approccio “train-a-trainer” (formazione dei formatori, ndr), alcune delle donne che hanno preso parte ai corsi avranno l’opportunità di trasmettere le loro competenze all’interno della comunità. Una comunità spesso coinvolta in condizioni emergenziali a causa dei monsoni che ciclicamente colpiscono l’area creando pozze d’acqua in cui molti bambini ogni anno perdono la vita, o a causa degli incendi che divampano con il gas utilizzato per cucinare o per riscaldare gli alloggi di fortuna nei quali vivono.

La possibilità di salvare vite alle persone che vivono nei campi profughi coinvolti in tali emergenze costituisce un forte elemento di emancipazione sia per la consapevolezza di ciascuna donna che, in particolare, per il riconoscimento da parte della comunità intera. Un importante tassello per l’empowerment femminile e la parità dei sessi in una realtà in cui il ruolo della donna è ancora relegato all’accudimento e alla vita familiare e in cui, purtroppo, la violenza di genere, soprattutto in ambito familiare, è ampiamente diffusa. Il coinvolgimento delle donne, in qualità di membri attivi nelle operazioni di salvataggio e nella disseminazione delle competenze, diventa così un modello replicabile, un esempio per le bambine e le ragazze Rohingya che possono finalmente pensare al loro futuro con maggiore consapevolezza e speranza. Dar loro la possibilità di acquisire specifiche competenze, significa dare alle donne Rohingya la possibilità di far sentire la propria voce. Una voce che può contribuire a realizzare una società più equa, sebbene molte di loro nascano e crescano in un campo profughi dove mancano molti dei servizi fondamentali.

Le Nazioni Unite, dedicando la Giornata Internazionale della Donna al tema “Investire nelle donne: Accelerare il progresso” ricordano all’intera società quanto sia importante il raggiungimento di una società globale davvero paritaria, che possa essere un arricchimento per tutti noi, in termini di civiltà, di progresso e di benessere.

MOAS continuerà a mettere in luce il valore delle donne all’interno delle nostre missioni, l’importanza del loro contributo e la resilienza con le quali affrontano situazioni di emergenza nelle aree più difficili del mondo, diventando in importanti agenti di cambiamento.

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